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Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi

- ATTENZIONE: questo articolo è scaduto il 15/09/2022 -

- La storia di Giulietta e Romeo

La tragedia di Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi, cantata per la prima volta dal vicentino Luigi da Porto nel 1524 e resa immortale, settant'anni più tardi, dalla penna di William Shakespeare, ha trovato a Verona precisi riscontri ambientali. La fantasia popolare, tanto colpita dalla triste storia dei due amanti, ha presto mescolato leggenda e realtà, finendo col riconoscere in antiche costruzioni cittadine i luoghi teatro della vicenda: ecco così la dimora di Romeo, la Tomba di Giulietta e, ovviamente, la sua casa, che la tradizione ubica nella metà di Via Cappello più prossima al Foro (e quindi agli spazi del potere), come doveva essere per l'abitazione di una famiglia importante.

Riconosciuta quasi unanimemente dalla critica come una costruzione del XIII secolo, la cosiddetta "casa Capuleti" ha tuttavia assunto l'aspetto che - vandalismi a parte - le riconosciamo solo nei primi decenni del nostro secolo. A trasformarla da anonimo ex-stallo a dimora della sognante Giulietta fu Antonio Avena, il direttore dei musei cittadini che regalò a Verona, con una serie d’operazioni oggi ritenute discutibili, un volto medioevale "scenografico".

Il restauro della Casa di Giulietta (o, per meglio dire, la sua creazione) prese il via attorno al 1935, trent'anni dopo la sua acquisizione da parte del Comune. Già da più di un secolo, tuttavia, la fama della presunta dimora dell'eroina shakespeariana aveva varcato i confini italiani, attirando turisti anche eccellenti. È il caso di Antoine Claude Valéry che, nel suo Voyages Historiques et Littéraires en Italie, pendant les années 1826-28, elogia i luoghi di Giulietta e la fortuna di Verona nell'avere idealmente unito la genialità di Dante (forse il primo ad accennare alla rivalità di una famiglia Montecchi con una Cappelletti) e quella di Shakespeare. Ancora nel 1828 è invece il poeta tedesco Heinrich Heine a descrivere la «casa che si cita quale palazzo dei Capuleti, a cagione di un cappello scolpito al di sopra la porta interna. E oggidì - prosegue amaramente - una sordida bettola per i vetturali e i carrettieri, ed un cappello di latta, dipinto in rosso, e tutto bucato, vi è appeso come insegna».

Ma la Potenza della leggenda vince persino uno spettacolo tanto squallido: Heine conclude, infatti, commentando che un poeta visita sempre volentieri simili luoghi, pur essendo il primo a ridere della credulità del suo cuore». Anche lo scrittore inglese Charles Dickens visitò i luoghi shakespeariani, restandone assai più deluso. Pure a lui, la casa della romantica eroina si presentò trasformata in un "miserabile albergaccio - annotò nelle sue Pictures from Italy del 1846 - dove barrocciai chiassosi e carrette infangate disputano il possesso del cortile, ad un branco di oche tutte sporche di fango; e sulla soglia della porta ansava un cagnaccio con un muso orribile, che senza dubbio se fosse stato sciolto avrebbe afferrato Romeo per i polpacci, prima che questi riuscisse a scavalcare il muro». In questo quadro desolante, un unico sollievo: "il cappello, l'antico stemma della famiglia, esisteva ancora scolpito sulla pietra al di sopra dell'ingresso del cortile. Le oche, le carrette, i barrocciai ed il cane, a dire il vero, stonavano alquanto con la storia dei due amanti, e certo sarebbe stato meglio trovar la casa vuota e girar per le stanze disabitate, ma il cappello era una gran consolazione".

Un bello schiaffo per gli ammiratori della dolce Giulietta, vedere il suo bel palazzo ridotto in quelle condizioni. Almeno dal XVI secolo, infatti, la casa era divenuta prima albergo con stallo e poi semplicemente stallo. Tra le sue mura si erano succeduti numerosi proprietari, l'ultimo dei quali pensò bene (correva l'anno 1905) di metterla all'asta al prezzo di 7.500 lire. La notizia suscitò molto clamore, e non solo a Verona.

"L'Arena" invitò per prima il Comune a sottrarre la leggendaria dimora dalle mani di nuovi "barbari", subito seguita da altri giornali. In Francia se n’occupò persino lo storico "Le Figaro", mentre un quotidiano romano lanciò addirittura la notizia (probabilmente falsa) che la stessa regina Margherita era interessata ad acquistare la casa, se il Comune di Verona non avesse voluto farlo. Nella disputa s’inserirono - invano - anche gli scettici, come Gioacchino Brognoligo che, dalle pagine del "Giornale d’Italia", lamentò che si facesse tanto rumore attorno alla casa di una giovinetta mai esistita, come i suoi stessi studi avevano ampiamente dimostrato. Ma la razionalità nulla poteva contro il mito di Giulietta: e così il Comune sborsò i denari, e fece propria la sede di via Cappello.

I più non si aspettavano molto da quest’acquisto. Si leggano ad esempio le parole di Vittorio Betteloni, che si limitava a sperare che il Comune provvedesse a mantenere l'edificio «in condizione più civile e più decorosa che non fosse pur troppo finora la sua, e ciò a più grande soddisfazione delle signore e signorine anglosassoni che riverenti e commosse lo visitano e a maggior incremento di quell'industria del forestiero che è non piccola parte di lucro per il nostro paese».

In effetti, i primi passi dell'amministrazione furono proprio rivolti in questo senso, e ancora nel 1936 il Ministero dell'Educazione nazionale permetteva l'esecuzione di "opere di consolidamento" dell'ala più prossima a via Cappello; tre anni dopo, un altro intervento (deciso dall'Ufficio Tecnico del Comune) dava il via alla sistemazione del cortile; tra il 1940 e il 1942, poi, con due finanziamenti distinti, i lavori si estendevano all'intero edificio.

Così, «gli umili edifici dalle aperture sette-ottocentesche - come annota recentemente Alberto Grimoldi - si trasformarono in fabbricato neogotico in mattoni a vista».

Non sembra esistere alcuna documentazione in grado di testimoniare l'entità e lo svolgersi dei lavori, di cui fu artefice appunto Antonio Avena. Neanche in precedenza, tuttavia, la casa di Giulietta aveva riscosso l'attenzione di tecnici: così, anche il suo aspetto e la sua strutturazione interna, prima del restauro, rimangono (salvo qualche rara immagine del cortile) avvolti nel mistero. Dobbiamo accontentarci di osservare il fatto compiuto, tutto all’insegna di una "scenografia del medioevo" che interpretava forse un po' troppo liberamente il concetto di "restauro integrativo" tanto caro a Camillo Boito.

D'altronde, poteva un'eroina leggendaria avere una dimora "reale", con quello che di banale questo termine porta con sé? No di certo. Nelle stanze del palazzo di Giulietta, le romantiche turiste dovevano sognare e commuoversi, cominciando già dal cortile esterno, così pittoresco con i mattoni a vista, le finestre trilobate dietro alle quali immaginare una vita meravigliosa, e soprattutto il balcone dell'indimenticabile incontro con Romeo. Un balcone, ahimè, fasullo, e probabilmente neanche un vero balcone: alcune foto d'archivio testimoniano, infatti, come le lastre ad archetti a sesto acuto che siamo ormai abituati a collegare alla dolce figura di Giulietta costituissero in origine niente meno che le pareti di un sarcofago. Probabilmente, nel complesso gioco del "restauro" la più rispettata fu la struttura degli spazi: infatti, studi recenti sulla casa medioevale restituiscono l'immagine di un ambiente tutto sommato piuttosto simile a quello di casa Capuleti. Qui sono ancora ben leggibili elementi come la balaustra che mette in comunicazione, dall'esterno, i diversi corpi della casa, e la sala principale al primo piano, che ben si adatta all'immagine di stanza "a più usi": tradizionalmente, infatti, la stanza più importante era adibita a camera padronale, ma poteva, all'occorrenza, trasformarsi in salone delle feste; stava poi all'abilità dei servi spostare mobili, tappeti ed arazzi dando vita in pochi istanti ad uno scenario di festa.

Nelle soluzioni adottate per gli interni, invece, saltano all'occhio le tracce di interventi cospicui: ambienti, soffitti, scale, camini ed elementi decorativi sono, infatti, stati ricostruiti con grande libertà, sempre allo scopo di ricreare l’immagine di un "medioevo ideale". Molto significative, a questo proposito, sono le decorazioni pittoriche che, pur se ripropongono temi più o meno correnti per l'epoca di costruzione della casa, sono state integralmente proposte ex-novo.

Un unico brandello di pittura originale si intravede nella sala principale: in un punto è ancora leggibile l'evanescente traccia di una bordura a "finto vaio", ossia riproducente quei festoni di pelli di ermellino con cui i più ricchi ornavano i saloni delle loro dimore.

Così, stanza dopo stanza, affresco dopo affresco, ci si immerge nel clima di un medioevo leggendario, il cui apice si tocca nelle sale dell'ultimo piano, dove campeggia un incredibile soffitto ligneo, trilobato, diviso in cassettoni tinti d'azzurro con stelle d'oro: qui i restauratori hanno creato un ambiente assolutamente fantastico, quasi una miniatura a tre dimensioni.

Casa Capuleti è insomma un ambiente in gran parte d'invenzione, ma è almeno pittoresco e significativo esempio del pensiero di un'epoca, e dell'attività di qualcuno che nel mito di Giulietta ha fortemente creduto. Peccato non si possa dire altrettanto della maggior parte degli odierni visitatori che, magari nel nome dell'eroina shakespeariana, sfregiano le pareti della sua casa con un'incredibile sarabanda di iscrizioni che poco hanno a che fare con Giulietta, ma che evidenziano in modo inequivocabile la dominante mentalità vandalica che tanto costa al nostro patrimonio artistico. Non resta quindi che auspicare l'effettiva realizzazione da parte dell'Ente pubblico del più volte annunciato restauro del palazzo, bisognoso non solo di una "ripulita" dai ricordi di "inciviltà", ma anche di sensibili interventi strutturali. Sperando così che Giulietta torni presto ad affacciarsi dal balcone della sua sognante dimora, portando a Verona amore e fortuna.

Notizie tratte dal: Notiziario BPV numero 1 anno 1995

La leggenda di Giulietta e Romeo

La vicenda secondo Shakespeare

La vicenda si svolge all'inizio del '300, epoca in cui l'inimicizia tra i Capuleti e i Montecchi, le due principali famiglie di Verona, insanguina la città. Romeo Montecchi, mascherato, si reca in incognito ad una festa in casa Capuleti e lì si innamora perdutamente di Giulietta. A ballo finito, nascosto sotto il balcone di lei, la ode confessare alla notte il suo amore per lui ed esce allora allo scoperto per proporle un matrimonio segreto. Il giorno seguente, Frate Lorenzo celebra le nozze.

Poco dopo, Romeo incontra per strada Tebaldo, cugino di Giulietta, che lo aggredisce per aver scoperto la sua presenza alla festa in casa Capuleti. Romeo rifiuta di battersi, consapevole del nuovo vincolo di parentela, ma l'amico Mercuzio, stupito da tanta sottomissione, interviene e si batte con Tebaldo, che lo uccide. Romeo deve allora vendicare l'amico e uccide Tebaldo; viene quindi bandito dalla città e il giorno successivo, dopo aver passato la notte con Giulietta, è costretto a fuggire a Mantova.

Nel frattempo, Giulietta viene costretta dal padre ad acconsentire alle nozze col conte Paride. Frate Lorenzo escogita allora lo stratagemma della morte apparente: Giulietta berrà una pozione che la farà sembrare morta per quaranta ore, mentre lui penserà ad avvertire Romeo, che la preleverà dal sepolcro per portarla con sé a Mantova. Giulietta accetta, ma il messaggio segreto non arriva a Romeo, mentre gli giunge la notizia della morte di lei. Disperato, Romeo acquista un potente veleno e corre a Verona per vedere Giulietta un'ultima volta. Al sepolcro si imbatte nel conte Paride, lo uccide in combattimento e poi beve il veleno. Giulietta, al suo risveglio, vede Romeo morto, si rende conto dell'accaduto e si pugnala. Frate Lorenzo arriva troppo tardi per impedire la tragedia e, davanti ai cadaveri dei due giovani, vittime della rivalità e dell'odio tra le loro famiglie, Capuleti e Montecchi infine si riconciliano.

La vicenda secondo Shakespeare è stata tratta dal portale "il Club di Giulietta"